L’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 e la conseguente necessità di attuare il distanziamento sociale per contenere l’epidemia ha spinto molte realtà aziendali all’adozione della modalità lavorativa dello smart working. Questa situazione ha di fatto catapultato moltissime aziende in una dimensione lavorativa completamente nuova. Il Gruppo Sme.UP si era già avvicinato al lavoro agile. Come abbiamo vissuto questo periodo di totale cambiamento? Che insegnamenti possiamo trarne? Lo abbiamo chiesto a Roberto Magni,  Vice Presidente e Responsabile M&A del Gruppo Sme.UP.

Come hai vissuto questo improvviso cambio delle nostre abitudini lavorative? 

L’ ho vissuto bene. Diciamo che ci siamo alcuni elementi del lavorare da casa (perchè in questo periodo in particolare lo smart working che stiamo vivendo è più precisamente home working) che ho apprezzato particolarmente rispetto alla tradizionale routine che prevedeva di recarsi in ufficio o presso i clienti fisicamente. Ovviamente è piu facile relazionarsi con le persone che già si conoscono, anche in modalità digitale. Però ho avuto modo di conoscere delle persone nuove, che ho visto per la prima volta in videoconferenza, e di fare analisi e ragionamenti insieme come se fosse stato un incontro fisico. Tutto ciò senza trascorrere molti chilometri in auto e senza consumare benzina, senza trascorrere ore nel traffico. 

In questo senso, lo smart working ci permette di essere operativi prima e meglio, perchè appunto ci consente di evitare il processo di raggiungimento della sede di lavoro che spesso richiede molto tempo e implica molto stress. 

Secondo te cos’è cambiato maggiormente con lo smart working?

C’è molta più puntualità, che viene naturale avere. Se prendo appuntamento per una call con una persona, mi permetto di avere un minuto di ritardo, non di più. Mentre con le riunioni fisiche i ritardi erano sempre prolungati, un po’ anche con la scusa del traffico. Una azione di un’ora, ad esempio appunto una riunione in videoconferenza, occupa effettivamente un’ora, non un’ora e mezza, di cui un’ora trascorsa in riunione e mezz’ora trascorsa ad aspettare che siano tutti presenti. C’è un altro aspetto delle videoconferenze che secondo me è molto utile, ovvero quello della registrazione della call. Registrando la videoconferenza è possibile infatti andare a riascoltare punti cruciali della discussione o condividerla con altre persone che non hanno potuto prendervi parte in quel momento. 

Penso che con lo smart working ci sia una produttività molto maggiore rispetto a quella a cui eravamo abituati con la modalità lavorativa tradizionale. Tant’è vero che credo che non si tornerà più a fare quelle riunioni fisiche per cui molte persone dovevano percorrere molti chilometri in auto, impegnando di fatto una giornata intera per una riunione della durata di due ore. Sicuramente le conference call non possono essere in tutti i casi in sostituzione completa del rapporto fisico, ma in molti casi sì. E si possono instaurare rapporti di empatia anche in videoconferenza. Ad esempio, nessuno di noi è stato su un’astronave, ma abbiamo un’idea chiara di cosa è lo spazio dentro un’astronave o com’è la luna vista da vicino. Questo non perchè ci siamo stati fisicamente. Ma perchè ce lo hanno raccontato molto bene. Come? Spesso proprio in videoconferenza, dalla navicella stessa. E’ lo stesso principio: quello che conta è l’efficacia della comunicazione. 

Come pensi che sarà la fase di rientro in ufficio quando potremo tornare a farlo in sicurezza? Torneremo alle abitudini di prima o pensi che lo smart working che stiamo vivendo oggi ci trasmetterà qualcosa che porteremo anche nella nostra vita lavorativa futura?

Io credo che porteremo sicuramente un bagaglio di cose che abbiamo imparato con lo smart working, che si è rilevata una modalità lavorativa efficiente, economica, non inquinante, quindi ecologica. Quindi se vogliamo essere più efficienti sul lavoro, migliorare la qualità della vita e produrre meno inquinamento, lo smart working è sicuramente una modalità che dovremmo sfruttare molto di più. Anche l’home working, che in questo periodo ha implicato anche una riscoperta della vita famigliare, della casa e di cose che spesso abbiamo molto vicine ma trascuriamo e che invece sono molto importanti. Penso anche, in questo senso,  alle donne che hanno almeno due lavori: il lavoro e i figli, la casa. Una donna che normalmente lavora con il computer ma deve recarsi in ufficio e deve delegare ad altri ad esempio l’azione di accompagnare a scuola i propri figli, è esattamente l’esempio di una persona che con lo smart working può conciliare vita lavorativa e vita privata, migliorando la qualità delle proprie giornate. 

A mio avviso c’è una riflessione profonda da fare in merito alle nostre abitudini lavorative.

Chi potrebbe essere in difficoltà in questa trasformazione potrebbero essere i capi, tutti coloro che erano abituati a controllare le risorse di cui sono responsabili attraverso la presenza fisica in ufficio. Si dovrà passare da un controllo fisico a una capacità di coordinamento basata su obiettivi chiari e misurabili. Il lavoro non si misurerà più in quantità di ore trascorse presso la sede di lavoro, ma in termini di risultati, quasi in un’ottica fornitore-cliente. La revisione della relazione di lavoro sarà quindi senz’altro necessaria. Lavorare per obiettivi è una modalità decisamente più efficiente del lavoro in termini di ore e consente una maggiore produttività perché è una modalità che implica una revisione anche di come il lavoro viene svolto. Inoltre il lavoro remoto implica anche un processo di responsabilizzazione, di fiducia e collaborazione. Dovrebbe aumentare il livello di fiducia e delega che i capi concedono ai collaboratori, ed essere corrisposto quindi da un livello maggiore di responsabilità ed autonomia.
La condivisione fisica di una sede resterà, per far funzionare momenti di contatto fisico ed empatia che saranno necessari per non limitare i rapporti ad una modalità esclusivamente digitale. Non va perso comunque il valore dell’empatia fisica, ma bisogna bilanciare la dimensione di presenza con la dimensione di collaborazione remota e digitale. 

Con l’empatia fisica, le diffidenze e le distanze vengono smorzate dalla condivisione del tempo e dell’esperienza lavorativa ma non solo. In questo senso la nuova sede di Nova Milanese del Gruppo Sme.UP, inaugurata recentemente, è stata realizzata per una condivisione di momenti sia lavorativi e che di aspetti più ludici e sociali come ad esempio il cucinare il pranzo insieme, che non perdono il loro valore ma vanno a combinarsi con la libertà che gli strumenti digitali ci offrono.  In definitiva, in questa situazione di quarantena dovremmo aver imparato a vivere meglio la digitalizzazione comprendendone l’effetto positivo che può avere sulla qualità della vita: gli strumenti digitali ci permettono infatti di servirci delle nuove tecnologie per poter scegliere la modalità migliore, in termini di tempi, luoghi e strumenti, per svolgere ogni attività in efficienza. 

 

Published On: Maggio 14th, 2020 / Categories: News da smeup /

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