In questi ultimi mesi abbiamo sentito parlare spesso di smart working. Sono molte le imprese italiane che si sono attivate, dove possibile, per far lavorare i dipendenti da casa. I vantaggi sono molti per entrambe le parti, ma la domanda che sorge spontanea è: che differenza c’è tra smart working e home working?

La risposta è semplice e può risultare banale, ma Smart Working e Home Working si differenziano per:

Smart Working è una modalità particolare di lavoro che mantiene il focus sul lavoratore, gli obiettivi da raggiungere e soprattutto la flessibilità. Può essere svolto in ufficio oppure da casa, in co-working o al bar. La filosofia che lo accompagna però non è banale come spesso si è portati a pensare. Home Working invece significa letteralmente lavoro da casa, ovvero stesse modalità di lavoro, ma luogo diverso da quello abituale.

Lo smart working ha quattro pilastri fondamentali che sono:

  • revisione della cultura organizzativa
  • flessibilità di orari e luoghi di lavoro
  • dotazione tecnologica
  • spazi fisici

Per attuare in modo efficace il progetto e soprattutto per condividere i quattro aspetti sopracitati è necessario un periodo di formazione e la condivisione degli obiettivi da raggiungere da parte del team manageriale e dei lavoratori che vi aderiscono.

Il lavoratore deve essere al centro di questa modalità organizzativa, con lo scopo di far convergere i suoi obiettivi personali e professionali con quelli dell’azienda aumentando la produttività.

Dal punto di vista normativo, il lavoro agile è regolato dalla legge. N.81/2017, che impegna le aziende a stipulare degli accordi individuali con i lavoratori, infatti questa modalità non è obbligatoria per tutti. Nella legge sono contenuti altri punti chiave quali il diritto alla disconnessione, la flessibilità di orario e la sicurezza sul lavoro.

Come possiamo immaginare non basta spostare il luogo di lavoro dall’ufficio alla propria abitazione per poterci definire in smart working. Con l’emergenza COVID-19 il governo ha permesso alle aziende (attraverso il dpcm dell’11 Marzo) di attuare lo smart working in deroga: far lavorare da casa tutti i dipendenti garantendo la sicurezza sul lavoro senza stipulare accordi individuali. E’ stata rimandata la regolamentazione del lavoro agile alla legge n. 81, per cui le aziende possono far riferimento ad alcuni aspetti, come ad esempio la regolazione del lavoro straordinario, tralasciando quelli del diritto alla disconnessione e della flessibilità.

In questa fase sembra quindi più corretto parlare di home working, poiché di fatto sembra essersi spostata la “sede” di lavoro: manca una condivisione chiara delle regole, delle scelte aziendali e delle modalità di lavoro agile.

Lo stesso esperto di smart working, Mariano Corso (docente del Politecnico di Milano ed esperto di Smart Working) ha commentato questo momento dicendo: «A causa della pandemia stiamo sperimentando un lavoro remoto estremo, con lati negativi. Eppure insegna che è una via praticabile. Lo smart working è quando un dipendente decide come e dove svolgere la sua mansione in base a degli obbiettivi. Rispetto al controllo a vista delle gerarchie tradizionali, è un sistema che si basa su responsabilità e merito. Il lavoro da remoto non è smart working, ma può farne parte.” (Da Repubblica, <<L’esperto di smart working “In Salento connessi con Milano ora sappiamo che si può fare”>> 14/05/2020)[vc_row][vc_column el_class=”blog-author”][distance][vc_separator el_width=”50″][vc_row_inner][vc_column_inner el_class=”blog-author-img” width=”1/12″][vc_single_image img_size=”60×60″][/vc_column_inner][vc_column_inner el_class=”blog-author-txt” width=”5/6″][vc_column_text]Gaia Columbro
Amministrazione del Personale – Gruppo Sme.UP
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Published On: Maggio 26th, 2020 / Categories: News da smeup / Tags: , /

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