Se ti sei perso la prima parte leggi qui: La distinta base: come diventare uno chef a dieci stelle – parte 1

Abbiamo qui davanti a noi tutto quello che ci serve: le uova, il caffè, i savoiardi, il mascarpone, il cacao. Dobbiamo decidere cosa farne, stendere istruzioni le più chiare possibili perché qualcun altro possa vincere la prossima Coppa del mondo di tiramisù.

Non dobbiamo poi dimenticarci degli strumenti: le vaschette, i pentolini, i fornelli, gli sbattiuova. Bisogna darne una descrizione sufficientemente precisa senza che sia prolissa, e riferirli alle istruzioni che abbiamo appena fornito (quando e come utilizzarli).

Incominciamo con le istruzioni

Siamo arrivati probabilmente al punto di maggior vicinanza, in un sistema informativo di produzione, alla realtà fisica che ha il compito di modellare. Dobbiamo affettare il nostro processo in una serie di attività elementari, a cui diamo il nome di operazioni. E qui iniziano i grattacapi: che cosa bisogna specificare, e fino a che livello di dettaglio? Sono sufficienti le note (che personalmente mi mettono in agitazione) “Aggiustare di sale”, oppure “sbollentare a fuoco medio”? Che cosa va codificato, e che cosa invece va lasciato nel “non detto”, confidando nell’esperienza del cuoco? Come si deve operare la suddivisione? Per una pastasciutta occorre far bollire l’acqua. Fin qui siamo tutti d’accordo, ma questa attività può essere suddivisa, quantomeno, in due passi distinti: riempire la pentola di acqua e metterla sul fuoco. Per orientarci potremmo basarci, ad esempio, sul concetto di omogeneità: è la stessa persona che fa tutto da sola, oppure c’è qualcuno che riempie la pentola di acqua, e poi la passa ad un altro che la mette sul fuoco? Nel primo caso l’attività è una sola, nel secondo risulta più sensato che invece siano due.

Ma le operazioni non si fanno da sole: occorre qualcuno o qualcosa che le realizzi, a cui diamo il nome di risorsa. Ci sono tanti oggetti che partecipano, ma ce n’è (quasi sempre) uno solo che si sobbarca il cuore dell’operazione: ad esso diamo il nome di risorsa primaria. Per decidere quale sia, al solito, ci si basa su più di una considerazione: chi dà la cadenza al processo (la pressa che effettua le stampate), chi fornisce l’energia necessaria (il fuoco del fornello), ecc. Tutti gli altri oggetti (pentole e coltelli, stampi e mestoli) li raggruppiamo sotto il nome di risorse secondarie. Anche qui ci sono casi di incertezza: se usate un frullino per ottenere la maionese, qual è la risorsa primaria? Il frullino fornisce l’energia, ma siete voi che lo tenete in mano. Una possibilità è di scegliere la risorsa più scarsa: bisogna utilizzarla il più possibile, non c’è da lasciarla riposare neanche un minuto. Se ci sono meno frullini delle persone capaci di usarlo, è ovvio decidere di farne la risorsa principale, per impedire che ci siano momenti in cui nessuno li utilizza (perché sta facendo altri lavori), ed altri in cui servirebbero contemporaneamente a più persone. Questi argomenti di assegnazione e sequenziazione dei lavori sulle risorse, per voi che avete letto l’articolo precedente sulla schedulazione, non hanno di sicuro più alcun segreto (per chi non l’avesse accidentalmente letto è possibile trovarlo qui: Software di Schedulazione: esempi concreti e considerazioni).

Fermiamoci un attimo a descrivere le risorse

La risorsa primaria, oggetto della schedulazione, deve essere un oggetto fisico: la Fresa XYZ, un “pezzo di ferro” che potremmo incontrare nelle nostre passeggiate per l’officina.

Per non distrarci dalla nostra ossessione per gli oggetti, abbiamo, nel nostro sistema, previsto un livello (opzionale), generico: la risorsa principale, a cui appartengono tutte le risorse fisiche dello stesso tipo: le frese (la Fresa F001, F003 e F003), che assumono il nome di risorse specifiche. Alcune informazioni si forniscono a livello di risorsa specifica (relative all’oggetto fisico: la matricola, la localizzazione, la storia degli interventi di manutenzione), altre a livello di risorsa generale (attributi comuni a tutte le risorse specifiche che ne fanno parte).

Vediamo ora come impiegare tutto quello che abbiamo fin qui descritto

Ogni singola istruzione è composta dall’operazione che deve eseguire, dalla risorsa primaria che la realizza, e da una serie di informazioni: i tempi di preparazione, di esecuzione, di riposo (raffreddamento, consolidamento…), gli attributi di condizionamento (come per la distinta base: date di validità e filtri di configurazione), ecc.

Va inoltre impostata la fase (chiamata anche sequenza): un codice libero che stabilisce l’ordine di esecuzione delle operazioni. In generale, la fase individua anche la totalità degli attributi di ogni singola istruzione: la fase 10 è una tornitura, la fase 20 una fresatura, la 30 un montaggio. L’insieme delle fasi necessarie alla realizzazione di un prodotto prende il nome di ciclo di lavorazione.

Ad ogni fase si associano informazioni aggiuntive: valori numerici (ad esempio limiti di tolleranza), istruzioni testuali, immagini, video, oltre ad una serie di risorse secondarie (attrezzi, strumenti, stampi, ecc.).

Nella fase di ciclo si inserisce la risorsa principale (le frese): per limitare le possibilità si possono codificare, tra le risorse secondarie, le risorse specifiche abilitate ad eseguire il lavoro. Ci sono quattro frese appartenenti alla risorsa principale FR000: per impostare che vogliamo eseguire la fase 0030 solo sulla prima e la terza, inseriamo, tra le sue risorse secondarie, le risorse specifiche FR001 e FR003.

Per meglio modellare il processo, si possono aggiungere, tra gli attributi di ogni singola fase, informazioni che descrivono il parallelismo tra le fasi, permettendo di descrivere situazioni come questa: prima viene la fase 10, finita la quale si possono eseguire, contemporaneamente la 20 e la 30, quindi, al termine di entrambe, può iniziare la 40.

Accenno all’esigenza di descrivere i modi alternativi per ottenere lo stesso risultato: si può disporre di un attrezzo che, partendo da una patata con la buccia, ottiene, in un solo colpo, la patata a pezzettini, oppure bisogna rassegnarsi prima a sbucciarla e poi a sminuzzarla. Possiamo descrivere questi casi in due modi: codificando cicli alternativi, in ciascuno dei quali si inserisce la totalità delle fasi da eseguire, oppure, all’interno dello stesso ciclo, definire fasi alternative, in ciascuna delle quali si imposta l’alternativa a cui appartiene. In questo secondo modo, a differenza del primo, le eventuali fasi comuni a più alternative vanno codificate una sola volta.

Le scansioni, ovverosia le presentazioni, una dopo l’altra, delle fasi da eseguire per ottenere l’articolo, si dividono in scansioni tecniche, che riportano tutte le fasi, e di produzione, in cui (come abbiamo visto nell’articolo precedente per la distinta base, che potete trovare qui: La distinta base: come diventare uno chef a dieci stelle – parte 1) c’è la possibilità di filtrare le fasi per data e configurazione, oltre a poter modificare alcuni valori (il tempo per far bollire l’acqua in base alla quota a cui ci si vuol concedere una bella pastasciutta).

Come per la distinta, si può impostare un ciclo di gruppo, intestato ad un articolo e condiviso da altri. Mentre per la distinta base è presumibile che gli attributi dei singoli articoli condizionino i legami (in modo che due assiemi diversi non condividano esattamente gli stessi componenti), nel ciclo è comune il caso in cui più articoli possiedono lo stesso ciclo. Per ottenere un piatto di tagliatelle o di maccheroni al sugo bisogna eseguire esattamente le stesse operazioni: varia unicamente il tipo di pasta.

Giunti a questo punto, ho completato la descrizione del prodotto e del processo: uno dei pilastri di un sistema informativo di produzione. Mi auguro che abbiate gradito gli argomenti proposti, che ho cucinato con la massima cura di cui sono capace; non mi rimane che terminare con l’augurio di una pronta e tranquilla digestione.

Guido Galdini
Specialista Sme.UP ERP – smeup

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