L’emergenza sanitaria dovuta al Coronavirus ha imposto la pratica del distanziamento sociale che, ovviamente, ha avuto ripercussioni non indifferenti non solo sulla nostra vita privata, ma anche sul piano lavorativo. Soprattutto per quanto riguarda la vita in ufficio, infatti, questa era caratterizzata dalle relazioni interpersonali, da momenti di convivialità come la pausa caffè, e anche dalle famose frequenti ed interminabili riunioni.
Grazie allo smart working, nuova modalità lavorativa che stava iniziando lentamente a prendere piede anche in Italia, abbiamo potuto trasferire la nostra vita lavorativa all’interno delle nostre abitazioni, riuscendo quindi a non fermarci del tutto. Per attivare lo smart working sono infatti sufficienti pochi semplici strumenti, tra cui gli indispensabili sono un computer e una connessione internet.
Ma una domanda a questo punto sorge spontanea: qual è la differenza tra smart working e telelavoro ? Stiamo veramente praticando lo smart working?
Cosa caratterizza lo smart working rispetto al telelavoro
L’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano definisce così lo smart working: “Una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati”. Si tratta quindi di un nuovo approccio al lavoro, che va oltre al semplice trasferimento a casa della vita lavorativa tradizionale.
Il lavoro smart si fonda qua quattro principi fondamentali: una nuova impostazione dell’organizzazione della vita lavorativa, la flessibilità di luoghi e orari di lavoro, l’utilizzo di nuovi strumenti tecnologici e l’alternanza di spazi fisici differenti. Cosa significa una nuova impostazione della vita lavorativa? E’ qui che risiede la chiave dello smart working: il lavoro smart non è più gestito secondo la presenza e le ore trascorse al lavoro in ufficio, bensì secondo il raggiungimento degli obiettivi. Questo nuovo sistema implica quindi anche una variazione delle abitudini della vita lavorativa.
Il telelavoro, per contro, prevede soltanto una variazione del luogo di lavoro, che dall’ufficio diventa la propria abitazione. Gli strumenti per attivarlo sono esattamente gli stessi dello smart working: un computer e una connessione Internet. Ma le abitudini e le modalità lavorative restano le stesse di quelle che vengono praticate quando si è fisicamente in ufficio. E’ qui che risiede la sostanziale differenza tra smart working e telelavoro. Lo smart working si basa infatti su una flessibilità degli orari proprio per il concetto di raggiungimento degli obiettivi su cui si basa, per cui la giornata lavorativa potrebbe essere più prolungata ma prevedere un’alternanza tra lavoro e attività domestiche.
Cosa stiamo praticando in questo periodo di quarantena
L’emergenza sanitaria ha costretto moltissime aziende, finora ancora diffidenti riguardo alla modalità del lavoro agile, ad attivare con urgenza lo smart working per poter garantire una continuità operativa. E’ stato possibile attivare il lavoro da remoto proprio grazie alla facilità di reperimento degli strumenti minimi necessari, ovvero un pc e una connessione Internet. Inoltre, oggi le nuove tecnologie digitali ci offrono moltissimi strumenti, alcuni dei quali totalmente gratuiti, per svolgere al meglio il lavoro da casa. Ma siamo sicuri di aver veramente attivato lo smart working? In realtà, non è del tutto così. O meglio, non per tutte le realtà aziendali. Molte di queste, infatti, hanno semplicemente trasferito il lavoro all’interno delle abitazioni, ma le abitudini lavorative sono rimaste le stesse di prima. Anche le riunioni sono rimaste le stesse: si sono semplicemente rese virtuali grazie agli strumenti di videoconferenza ed hanno assunto una denominazione più anglofona con il soprannome di “conference call”.
Cosa dovremmo rivedere
Appurata la differenza tra smart working e telelavoro, sicuramente dopo questa prima fase emergenziale andranno riviste le modalità con qui è stato attivato il lavoro da casa. Questo perchè se è vero che l’emergenza sanitaria ci ha imposto di cambiare in tutta fretta le modalità lavorative, è vero anche che dovremmo cogliere questa occasione per rivedere veramente la cultura del lavoro e riorganizzarla secondo un’ottica più efficiente e, magari, anche meno stressante. Sicuramente bisogna rivedere la cultura organizzativa e un buon punto di partenza sarebbe di considerare quella alla base dello smart working anche quando torneremo in ufficio. Lo smart working prevede infatti una maggiore efficienza perchè lascia molta più libertà di organizzazione dei tempi, degli spazi e dei luoghi di lavoro per favorire il raggiungimento degli obiettivi. Questo non vuol dire però essere reperibili 24 ore al giorno, ma basare il lavoro sulla delega, su una definizione molto più strutturata delle attività e degli obiettivi da raggiungere, su una maggiore autonomia delle risorse basata sulla fiducia e sulla verifica dei risultati raggiunti.
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