Lo smart working è la modalità lavorativa che in questo periodo di emergenza ha consentito a molte aziende di non fermarsi del tutto. E’ anche uno dei temi caldi del momento in ambito lavorativo: molte sono infatti le aziende che prima della pandemia erano scettiche rispetto all’efficacia del lavoro da remoto e restie all’adozione anche parziale di questa modalità.
L’emergenza Covid ha accelerato i tempi e instillato in molte aziende la necessità di attivare lo smart working anche con una certa fretta per poter mantenere una continuità operativa. Inizialmente, per molte realtà l’adozione repentina di questa modalità ha creato un po’ di caos. Il caos è stato sicuramente dovuto al fatto che fosse un modo di lavorare mai provato prima e sul quale c’erano di fatto pochi precedenti in Italia. Molti anche i dubbi sulle modalità concrete di svolgimento, sul controllo delle risorse… Quello che è emerso chiaramente è che questa è una modalità che si è rivelata molto positiva al contrario di ogni scetticismo, ma che va regolamentata. In Italia esiste già una regolamentazione dello smart working? Sì. Ma a che punto siamo?

Leggi vecchie e nuove 

Una prima legge in merito al lavoro svolto fuori dalle mura dell’ufficio risale al 1973, con la legge 877. Si tratta di una legge relativa al telelavoro, inteso come trasferimento delle attività e delle consuetudini lavorative dall’ufficio alla propria abitazione. 

Nel 2017, con la legge 81, viene invece regolamentato il lavoro agile, il cosiddetto smart working. La differenza con il telelavoro è che lo smart working non deve essere svolto necessariamente dalla propria abitazione, ma lascia al lavoratore la libertà nella scelta del luogo. Altro aspetto è che il luogo può variare, per cui il lavoratore può svolgere le proprie attività in parte presso la sede di lavoro e in parte altrove. Come lo smart working è flessibile, così lo è anche la legislazione, che ad oggi demanda la definizione di molti aspetti ad accordi individuali o sindacali con il datore di lavoro.

Altro materiale legislativo in merito alla regolamentazione dello smart working è stato prodotto durante l’emergenza Coronavirus, in cui si è resa concreta per la maggior parte delle aziende d attivare lo smart  working per i propri dipendenti. Con il Dpcm del 1 marzo 2020, per consentire alle imprese di mantenere una continuità operativa,  il Governo italiano ha conferito alle aziende, per sei mesi dopo il termine dello stato di emergenza, la possibilità di attivare il lavoro agile per i propri dipendenti senza accordi specifici tra le parti. 

I temi cruciali
  • L’orario di lavoro: Su questo tema, la regolamentazione dello smart working è lasciata agli accordi individuali. Essendo lo smart working una modalità flessibile, non dovrebbero esserci vincoli di orario. Questo dipende anche dal tipo di lavoro svolto: ci sono professioni per cui l’attività può essere svolta senza vincoli orari e altre in cui questo non è possibile, soprattutto quelle che implicano il contatto con terze parti o con il pubblico. 
  • Il controllo delle risorse: in un primo momento, in questo periodo di sperimentazione totale e forzata dello smart working, molti responsabili hanno avvertito la mancanza del controllo delle risorse, che prima venivano semplicemente controllate di persona, attraverso la presenza fisica in ufficio. Lo smart working richiede invece un cambio nella modalità di controllo: le performance non si misurano più attraverso le ore trascorse in ufficio ma attraverso gli obiettivi raggiunti. Le legislazione ad oggi delega questo tema agli accordi sindacali, ma è chiaro che se nel futuro, come è probabile, lo smart working manterrà la sua applicazione, saranno necessarie maggiori regolamentazioni sul tema.
  • Restibuzioni e ferie: In tema di retribuzioni, ferie e diritti la legge 81 è chiara: non ci devono essere differenze di retribuzione, ferie o diritti tra chi lavora in smart working e chi lavora presso la sede aziendale. Lo stesso vale per le opportunità di crescita professionale e per la formazione.
  • Il diritto a disconnettersi: questo è sicuramente un tema caldo in materia di smart working che è stato al centro del dibattito in questo periodo. Se è vero che il lavoro agile permette di non avere orari prestabiliti concedendo quindi al lavoratore di conciliare la propria attività lavorativa con la vita privata, è vero anche che molti in questo periodo hanno sperimentato un’assenza di confine tra orari di lavoro e tempo libero. Il rischio infatti è quello di ricevere messaggi, mail, telefonate di lavoro in qualsiasi orario durante la giornata e durante il weekend. La regolamentazione dello smart working in questo senso è ancora latente: la legislazione del 2017 parla infatti di diritto alla disconnessione, suggerendo l’istituzione di un orario ampio di reperibilità, in cui il dipendente non deve essere sempre al lavoro, oltre il quale la risorsa ha il diritto di essere irreperibile, ma lascia ancora una volta molto margine agli accordi individuali.
Published On: Giugno 12th, 2020 / Categories: News da smeup / Tags: , /

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