Con l’esplosione della pandemia del Coronavirus, la grande maggioranza delle attività lavorative ha subito una brusca battuta d’arresto. In soccorso di molte aziende è venuta la modalità del lavoro da remoto, ovvero lo smart workingLo smart working in Italia è una modalità ancora poco diffusa, ma che alcune aziende avevano già iniziato a sperimentare. I motivi per cui molte realtà imprenditoriali erano ancora restie verso l’adozione del lavoro agile sono diversi, ma i principali sono quelli della difficoltà di gestione e controllo delle attività delle risorse e l’adozione di tutti gli strumenti necessari. 

Con l’emergenza sanitaria e la necessità del distanziamento sociale, lo smart working ha rappresentato per molte imprese una soluzione per non fermarsi del tutto, per cui le aziende si sono adoperate in fretta per poter attivare per le proprie risorse il lavoro da remoto e poter garantire una continuità operativa assicurando al contempo la sicurezza sanitaria.  In effetti gli strumenti di base per attivare il lavoro agile sono pochi: basta un computer portatile, una connessione ad internet, uno strumento per le videoconferenze, una postazione comoda per lavorare all’interno della propria abitazione. 

Il processo di adozione dello smart working in Italia ha visto così una rapidissima accelerazione in questo periodo. Ma quanto si è diffuso realmente tra le aziende? 

L’ Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano ha osservato attraverso uno studio l’evoluzione della diffusione del lavoro agile in Italia. Lo studio ha stimato, tra il 2018 e il 2019, una crescita del numero dei “lavoratori agili”, che sono passati da 480.000 nel 2018 a 570.000 nel 2019. Lo studio evidenzia anche una maggiore soddisfazione degli smart workers del proprio lavoro e una maggiore padronanza dei nuovi strumenti di collaborazione digitale. Ma non solo: i principi su cui si basa lo smart working, ovvero quelli di fiducia, autonomia, collaborazione e valutazione del lavoro per obiettivi, dimostrano di rendere il lavoro più efficiente e le relazioni con i colleghi e con i responsabili migliori. 

Le aziende che hanno adottato lo smart working in Italia sono per la maggior parte grandi imprese. Secondo lo studio condotto dall’ Osservatorio, infatti, il 56% ha già avviato dei progetti di lavoro agile e circa una su tre ha in progetto di farlo. L’adozione invece dello smart working in maniera preponderante rispetto al lavoro tradizionale riguarda soltanto il 9% delle grandi imprese italiane.
Anche tra le PMI lo smart working sta prendendo piede, seppur in modo minore: il 24% delle piccole e medie imprese italiane ha attivato dei progetti di lavoro agile, ma solo l’8% di queste ha implementato dei progetti strutturati, mentre il 38% si dichiara ancora restia all’attuazione di questa nuova modalità lavorativa. 

Ma se in un primo momento la modalità del lavoro agile potrebbe incutere dubbi dal punto di vista gestionale e organizzativo, molte sono le realtà che oggi stanno apprendendo il grande potenziale dello smart working.
Il lavoro agile infatti, se attivato in maniera strutturata, consente un incremento della produttività che l’Osservatorio stima essere intorno al 15% per ogni lavoratore. Lo smart working infatti consente di lavorare in maniera più efficiente perché si basa su un modello organizzativo diverso, non sulle ore trascorse di presenza sul luogo di lavoro, bensì sugli obiettivi raggiunti. Il luogo di lavoro non deve essere necessariamente l’abitazione, ma quello che meglio risponde ai requisiti necessari per svolgere al meglio una determinata attività. 

Lo smart working ha, infine, anche un’anima green: consentendo di ridurre notevolmente il numero degli spostamenti delle risorse verso il luogo di lavoro, lo smart working permette di ridurre notevolmente l’impatto ambientale e di risparmiare, in media, 135 kg di CO2 all’anno per ogni lavoratore. 

Published On: Maggio 13th, 2020 / Categories: News da smeup / Tags: , , /

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