Cos’è cambiato con lo smart working 

L’esplosione dell’epidemia Coronavirus è un evento che ha colto ovviamente tutti di sorpresa. Tutti, singoli e aziende, hanno dovuto rivedere completamente le proprie abitudini in maniera totalmente improvvisa e questo non poteva che creare, almeno inizialmente, un forte senso di disorientamento. Anche le aziende, prese dall’emergenza, hanno superato i pregiudizi e le diffidenze che avevano nei confronti dello smart working e si sono subito adoperate per dotare nel più breve tempo possibile i propri dipendenti di tutti gli strumenti necessari per attivare il lavoro da remoto. In questo frangente, molte sono le realtà imprenditoriali che si sono semplicemente limitate a spostare il lavoro dagli uffici aziendali alle abitazioni dei collaboratori. Ma ben presto è emerso che lo smart working è una modalità che è basata su un nuovo modello lavorativo, su schemi diversi di concepire il lavoro. E in effetti in alcuni casi abbiamo cambiato il nostro modus operandi, senza nemmeno accorgercene. 

Quali insegnamenti abbiamo appreso dal lavoro agile 

lo smart working ci ha insegnato che un modo diverso di organizzare il lavoro, più flessibile, più smart, esiste. il lavoro agile permette anche e soprattutto una maggior responsabilizzazione dei singoli lavoratori, che diventano più autonomi nella scelta delle modalità di svolgimento del lavoro. Questo è uno dei punti cardine dello smart working: responsabilizza i lavoratori che sono più liberi di scegliere la modalità migliore in termini di tempi, luoghi e strumenti per svolgere al meglio una determinata attività. Abbiamo imparato quindi a risparmiare tempo e ad impiegarlo in attività più proficue, ottenendo anche più tempo da dedicare alla famiglia o comunque ad attività personali.

Un altro insegnamento del lavoro agile è relativo al controllo: in un primo momento, infatti, molti capi si sono trovati davanti al problema della sensazione di non riuscire a controllare le risorse perché erano abituati al controllo fisico, basato sulle ore trascorse di presenza in ufficio. 

Passata la fase di emergenza, tuttavia, è importante rivedere in maniera profonda la cultura lavorativa, nella sua interezza.

Come sarà il lavoro in futuro?

Quando potremo tornare in ufficio torneremo alla vita di prima? Ci riapproprieremo finalmente della nostra scrivania 5 giorni su 5 ?. Sicuramente… no. O meglio: il punto della questione non è quanto tempo torneremo a trascorrere in ufficio, ma se riusciremo ad abbracciare il nuovo modello lavorativo che la situazione ormai ci impone. Si perchè il lockdown, costringendo le aziende ad adottare in modalità intensiva lo smart working, da una situazione di totale lavoro presso gli uffici, ha di fatto spinto il mondo del lavoro a fare un balzo in avanti di diversi anni. infatti, sicuramente saremmo prima o poi arrivait all’introduzione dello smart working nelle aziende, ma il percorso sarebbe sicuramente stato più lungo e graduale, prima con progetti sperimentali, poi con un’introduzione parziale e poi con una conversione definitiva al lavoro agile, non inteso come “lavoro da casa” ma come lavoro da remoto, ovvero dal luogo migliore per svolgere l’attività, sia la casa che l’ufficio che uno spazio di coworking. Il futuro del lavoro sarà quindi un cambio in termini di cultura lavorativa: si tratta quindi di un nuovo modo di concepire il lavoro che potremo, anzi dovremo, portare anche in ufficio. Perché prescinde dai luoghi. Il nuovo modello lavorativo sarà basato sui principi della responsabilizzazione e dell‘autonomia delle risorse e sarà incentrato sul raggiungimento degli obiettivi in un’ottica di flessibilità e di maggiore compatibilità con la vita privata a favore di una migliore gestione del tempo sia sul lavoro che nella vita privata.

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