Rimbocchiamoci le maniche e vediamo cosa farne di tutti i nostri numeri che abbiamo raccolto nell’articolo precedente.

Ve lo siete perso? Potete leggerlo qui.

Abbiamo tutte le informazioni che ci servono: la realtà contata (l’inventario fisico che abbiamo appena fatto) e la realtà contabile (la fotografia). Non ci resta che farle coincidere, allineando la seconda alla prima. La fotografia è ottenuta dai record di REG, e quindi dobbiamo modificarli in modo che risultino uguali alla realtà fisica. Il modo in cui si modifica un record di REG è la scrittura di un movimento di magazzino.

È quindi sufficiente far eseguire in modo automatico dal sistema un movimento di rettifica inventariale, per ogni REG in cui c’è differenza tra quanto è contato e quanto è previsto. Fatto questo, abbiamo i dati per valutare se siamo stati accurati nella tenuta della giacenza. Questa informazione è di importanza vitale: se credo di avere del materiale e non ce l’ho, la pianificazione non me lo fa acquistare o produrre, cosicché, quando mi serve e mi accorgo di non averne, mi trovo in un certo imbarazzo.
Se invece credo di averne di meno, me ne viene fatto acquistare o produrre in eccedenza, con conseguente esborso inutile. A voler essere pignoli, l’eccedenza è meno dannosa della mancanza, in quanto, a meno che siano articoli rarissimi, usati una volta nella vita per una particolare commessa di un cliente che non si farà più vivo, l’acquisto o la produzione anticipata mi farà ridurre il successivo approvvigionamento (posto che nel frattempo abbiamo messo a posto i miei dati).

I movimenti di rettifica indicano di quanto la realtà si scosta dalle nostre registrazioni, e quindi sono una misura dell’inefficienza nel trattare le informazioni aziendali. Per uniformare le quantità (avere una variazione di tre viti non è la stessa cosa di averne di tre elicotteri) si ricorre al costo standard di ogni articolo (il denaro è il grande unificatore).

Per prima cosa possiamo valorizzare le rettifiche (prendendo le quantità in valore assoluto, in modo che le variazioni positive e negative non si compensino). Come abbiamo appena visto, credere di avere meno materiale è un po’ meno dannoso di crederne di averne di più, quindi non è una cattiva idea separare il totale delle rettifiche positive da quelle negative, in modo da poter trarre le conclusioni opportune.
Per di più, i movimenti di rettifica contengono un gran numero di informazioni (l’articolo con tutte le sue “chiavi”; l’ubicazione, l’area, la commessa, il fornitore, ecc.), che ci permettono di frullare i dati nel modo che più ci aggrada, oltretutto combinandoli per le caratteristiche di ciascuno (i famigerati OAV). Si può, ad esempio, calcolare l’importo totale delle rettifiche positive di una classe di articoli in un gruppo di ubicazioni prefissate, magari mettendo queste informazioni in ABC per valutare gli scostamenti più significativi. Per certe classi di articoli può inoltre aver senso confrontare, oltre ai valori, anche le quantità (ad esempio per vernici di colore diverso), e quindi abbiamo ulteriori possibilità di sbizzarrirci con i dati fino al prossimo inventario.

Naturalmente, quando le cose sembrano così facili, c’è sempre qualcosa che manda a gambe all’aria le nostre illusioni. Le rilevazioni, con le conseguenti eventuali rettifiche, sono locali, si riferiscono alla porzione di magazzino in cui abbiano deciso di suddividere l’azienda. Se siete grossolani e vi accontentate di avere un solo numero che esprime la giacenza aziendale, le riflessioni che sto per fare non sono pertinenti, ma non invidio le vostre passeggiate a cercare dove diavolo avete messo quell’articolo che vi serve proprio adesso e non riuscite più a trovarlo.

In situazioni più realistiche, se ad esempio avete suddiviso logisticamente la vostra azienda in aree, una mancanza in un’area può essere compensata dall’eccedenza in un’altra. Non è una differenza globale, ma solo indice di disordine. Il motore di rettifica è cieco rispetto a questa inefficienza: lo stesso articolo in aree diverse è come se fossero due articoli, e quindi, giustamente, esegue due rettifiche inventariali per mettere le cose a posto.
Queste due rettifiche contribuiscono al calcolo delle inefficienze nello stesso modo delle altre, relative ad effettive mancanze o eccedenze. In realtà sono indici di disordine, un po’ meno dannoso, dato che influenza solamente la logistica (non trovo quello che cercavo dove credevo ci fosse, ma, dato che il sistema mi assicura che in totale deve esserci, provo a cercare da altre parti).
La pianificazione invece non è influenzata dal disordine, in quanto, tra le coperture che utilizza, normalmente c’è la giacenza totale, e quindi, se è esatta, non introduce i disturbi che abbiamo già descritto (ordinare troppo o troppo poco).

Dobbiamo trovare un modo per rendere meno pesanti questi scostamenti nel calcolo delle inefficienze. Si può agire manualmente: prima di eseguire i movimenti di rettifica in modo definitivo (non sono entrato nei particolari, ma i sistemi in questa fase prevedono due passaggi: la scrittura dei dei movimenti di rettifica in uno stato provvisorio, e la loro applicazione con la correzione della giacenza).

Tra queste due fasi si può “aggiustare” manualmente la giacenza, eliminando in disordine, e quindi ricalcolare le rettifiche provvisorie in modo tale che questi movimenti scompaiano. Si potrebbe, per non perdere l’informazione del disordine, far individuare al sistema quali sono, all’interno delle rettifiche, questi movimenti, in modo che possano essere distinti dagli altri nel calcolo delle inefficienze.

E con questo abbiamo terminato la descrizione della procedura di inventario fisico.
Nel seguente e conclusivo articolo tratteremo una situazione particolare che accontenterà i più curiosi.

Alla prossima.

 

 

Published On: Gennaio 11th, 2020 / Categories: News da smeup / Tags: , , /

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